guerra cervelliHo esitato molto prima di scrivere su questa piccola vicenda avvenuta recentemente, perché quando si affrontano certi argomenti si ha sempre la sensazione di dire troppo o troppo poco, di non essere qualificati ad esprimere opinioni, quindi mi limiterò per quanto possibile a raccontare i fatti. A seguito della guerra in Ucraina, la Commissione Europea, attraverso il prestigioso sistema di fondi per la ricerca Marie Skłodowska-Curie Actions, (finanziamenti individuali per Post-Doc per l’avvio della loro ricerca indipendente) aveva aperto un bando speciale per ricercatori e ricercatrici ucraini, MSCA4UA.

Si tratta di bandi molto competitivi che richiedono la scrittura di un progetto non solo scientifico, ma di sviluppo di carriera del candidato. Eccezionalmente il bando è stato aperto anche ai dottorandi, per poter consentire loro la conclusione del ciclo di studi e ricerche, durante questo periodo molto difficile. E’ un tipo di azione in cui credo molto, non solo perchè sono un convinto europeista e mi ritrovo nei valori di internazionalizzazione e progresso promossi dalla Marie Curie, ma anche perché sono convinto che uno dei danni collaterali di questa dannata guerra sarà la perdita di cervelli, che invece potrebbero contribuire sostanzialmente alla rinascita economica e culturale dell’Ucraina, in un futuro di pace, speriamo il più prossimo possibile. Essendo parte della Marie Curie Alumni Association ritenevo anche mia responsabilità contribuire al successo di tale azione e mi sono offerto come possibile supervisor per questi progetti. Mi contattò un giovane dottorando, che chiameremo V., e cominciammo a discutere on-line del possibile progetto. V. è un ragazzo sveglio, preparato e si vede che ha voglia di fare. Non è stato facile, il tempo per la scrittura era poco e le comunicazioni fra noi frammentarie, visto che spesso a Kyiv mancava l’elettricità o scattavano gli allarmi antiaerei. Alla fine riuscimmo a spedire il nostro progetto e dopo qualche mese arrivò la risposta: V. aveva vinto e avrebbe potuto effettuare il suo ultimo anno di dottorato all’Università di Pisa, nel mio laboratorio. V. era entusiasta e si vedeva già in Italia. Non voleva semplicemente fuggire da un paese in guerra, voleva prepararsi per tornare e contribuire allo sviluppo del suo paese in quello in cui era bravo. Confesso che egoisticamente anch’io ero molto felice, perché per una volta (e nel nostro lavoro non succede spesso), avevo la sensazione tangibile di aver fatto qualcosa di buono. Ovviamente non tutti la pensarono cosi, e quando la notizia uscì nei social, arrivò qualche commento odioso dei solerti sostenitori del regime Z. Cominciammo tutti gli iter burocratici per la partenza di V., e sono molto grato al mio Ateneo che in questo frangente ci ha sostenuto con convinzione. In un periodo dove la qualità delle università viene giudicato su indici spesso discutibili, l'impegno sociale sia a livello locale che globale rimane una speranza accesa. Purtroppo c’era un problema... V. è maschio, giovane, e sebbene riformato per fare la guerra è sano abbastanza da fungere da carne di cannone in caso di necessità, pur non avendo mai tenuto una pistola in mano in vita sua. Dopo mesi di discussioni, lettere scritte, riunioni con i responsabili della Marie Curie, e infine con alcuni rappresentati delle autorità ucraine, si è ribadito che ai vincitori maschi non sarà permesso partire. A nulla è valso insistere sull'importanza per l'Ucraina di non perdere il suo potenziale scientifico e sull'inutilità di trattenere persone che non hanno alcuna esperienza militare. Potete immaginare innazitutto la delusione di V., la mia e quella di tutto il personale coinvolto. Oltre ai mesi di lavoro buttati via, anche la beffa di ricevere qualche commento di chi buttandola in politica da bar si lancia in considerazioni geo-politiche su come in fondo l’Ucraina starebbe meglio se non combattesse. Sono vicende più grandi di noi, e possiamo solo agire nel piccolo delle nostre azioni quotidiane, facendo bene e con coscienza il nostro lavoro, e purtroppo neanche questo a volte basta. Oggi è stata una sconfitta, per domani non possiamo fare altro che raccogliere le forze e riprovare.

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